Ecco il racconto che ho scritto per il contest di Yvaine e Mirial , onestamente non l'avrei mai pubblicato ma visto che me l'ha chiesto Yvaine non ho saputo dire di no >.<
( perdonate la scempiaggine di ciò che sto per riportare)
Un racconto così scrauso da non avere neanche un titolo
- Le vie del borgo
brulicavano di gente. Chissà quanti in passato avevano calpestato la strada lastricata,
e chissà quante cose avrebbero potuto raccontare quelle pietre se solo avessero
avuto il dono della parola – dissi in tono grave per attirare l’attenzione,
come per dire qualcosa di serio. – Ma fortunatamente ci sono io, no? Non temete
cari pellegrini!
-Aria, si
può sapere che stai farneticando?- M’interruppe Kyrie con un’espressione tra la
perplessità e il rimprovero. – Quante volte te l’avrò ripetuto di non
infastidire gli ospiti del tempio con i tuoi discorsi strampalati? Cammina
dritta piuttosto! E se proprio non vuoi pregare almeno, stai in silenzio . –
Detto questo, senza mai alzare lo sguardo o smettere di camminare, Kyrie invitò
i pellegrini a riprendere la preghiera che io avevo interrotto e ci lasciammo
dietro il borgo.
Era da
poco sorto il sole, eppure sembrava che la gente non si stancasse mai di
alzarsi all’alba e riprendere le proprie faccende da dove le aveva interrotte
la sera prima.
La città
di Athos era affascinante sotto ogni punto di vista e , purtroppo, anche dannatamente
irraggiungibile per chi , come me, era destinato ad altro.
Le mie
giornate si consumavano quasi esclusivamente all’interno delle mura del tempio
in cima alla collina. I miei genitori mi lasciarono alle cure delle
sacerdotesse quando ancora non avevo compiuto il primo anno di vita; questo
perché le mie straordinarie capacità di sacerdotessa si erano manifestate prima
di darmi la possibilità di vivere una vita normale, cosa che invece capitava di
solito alla stragrande maggioranza dei bambini. Sapevo bene che il mio dono era
speciale e non avrei mai smesso di ringraziare per esso: controllare l’energia
proveniente da Nymphodra il mondo superiore, il mondo degli Dei e delle Anime,
era una prerogativa assoluta dei sacerdoti, certo, ma i sacerdoti erano in
grado di fare ben altro oltre rifornire l’umanità della sua preziosa energia.
La parte più divertente del sacerdozio, che si acquisiva con decenni di
meditazione e preghiera, era quella di riuscire a mettersi in contatto con la
propria Anima, che risiedeva nientemeno che a Nymphodra.
E poi
c’erano quelli come me, che non solo riuscivano a mettersi in contatto con la
propria anima nel mondo superiore, ma riuscivano anche a richiamarla sulla
terra grazie al forte legame instaurato. Io non avevo mai studiato per riuscire
a farlo, da quel che ricordi, avevo sempre parlato con la mia anima come si fa
con una sorella gemella e, infatti, era sempre stata al mio fianco, libera di
scorrazzare per il paese, almeno lei.
Ricordo
che una volta le chiesi quale fosse il suo nome, da piccola, e lei mi disse che
le anime non hanno nomi perché lasciano un nome quando il corpo che le ospita
muore per poi prenderne un altro quando si reincarnano.
All’epoca
pensai che fosse la cosa più triste del mondo e allora decisi che l’avrei
chiamata Ania: un nome che fosse la fusione fra me e lei, così che alla mia
morte non si scordasse di me. Da quel momento in poi io ed Ania divenimmo
amiche.
Certo, probabilmente chi ci guarda dall’esterno,
penserà che sia fantastico poter guardare la parte di sé più intima e nascosta
tutte le volte che si vuole, ma la verità è che i sacerdoti sono gli uomini più
soli al mondo. Noi, oltre ad essere sfruttati per consentire agli uomini di
utilizzare l’energia per alimentare i propri focolari e i propri bagni, siamo
gli unici ad essere coscienti di quanto sia inutile l’involucro umano privato
dell’anima. Perché di questo si tratta nel momento in cui la si lascia sfuggire
dal proprio corpo: privarsi dell’anima.
Avevo
quindici anni e quella mattina, come quasi ogni mattina, era questo quello che
mi frullava per la testa mentre con Ania e Kyrie accompagnavo dei pellegrini a
prelevare una razione di energia convertibile, su al tempio.
Al nostro
arrivo però qualcosa d’inaspettato mi fece ricredere sulle mie affermazioni.
Un
ragazzo bellissimo e inquietante al contempo, era trascinato con delle pesanti
catene da due sacerdotesse del tempio. Aveva gli occhi neri come la notte e i
capelli pallidi, mai avevo visto dei capelli così candidi e innaturali e mai
avrei sognato di vedere uno sguardo così spento sul viso di qualcuno.
-Che sta
succedendo? Perché lo stanno maltrattando?!- Proruppi io agitata alla vista di
quella scena- Kyrie, la prego, faccia qualcosa!.
-Perdonatela,
cari pellegrini, Aria vive qui da molto ma non ha mai avuto l’occasione di
vedere un demone.- disse Kyrie ai
pellegrini con il suo solito fare calmo ed accomodante, piuttosto che
intervenire in soccorso del giovane strattonato.
-Un
demone? Ma di cosa state parlando? – esclamai io strabuzzando gli occhi nel
cogliere cotanta tranquillità nei modi della mia supervisora.
- Aria, un demone è un uomo nato privo
dell’anima. Un contenitore vuoto e lo puoi distinguere dal colore degli occhi e
dei capelli. Non temere, non soffre, non prova alcun sentimento poiché è
sprovvisto di tale capacità.- Mi disse dolcemente Ania sussurrando alla mia
mente piuttosto che alle mie orecchie. Ania sapeva parlare e comunicare con
tutti, ma era anche in grado di comunicare telepaticamente con me ed io con
lei.
- Ania, come puoi dire una cosa del genere?E’
un essere umano: è normale che soffra!- E senza notare lo stupore nel suo
sguardo, che con ogni probabilità era specchio del mio, mi gettai in una corsa
insensata nel tentativo di raggiungere le sacerdotesse che nel frattempo erano
entrate in uno dei cunicoli ombrosi del tempio.
Rischiai
di inciampare nelle vesti un paio di volte , ma alla fine, forse per caso , o
forse per volere divino, non le vidi più da nessuna parte.
Quando mi
fui arresa , andai nella sala comune a porre le mie scuse a Kyrie che le
accetto di buon grado. Ania mi aveva spiegato che i demoni erano pericolosi
poiché incontrollabili. I demoni non erano in grado di distinguere il bene dal
male e questo bastava a giudicarli come potenziali criminali meritevoli della
morte. Solitamente i bambini nati senz’anima venivano uccisi subito dopo il
parto, e quindi era raro vedere dei demoni che avessero più di uno o due anni.
Tutto ciò
mi sembrava brutalmente assurdo. Non riuscivo ad accettarlo e vedevo riflesso
nella mia anima il mio turbamento. I miei fulgidi occhi blu erano colmi di
rancore e le sopracciglia rosse scarlatte erano inarcate in una smorfia di
disapprovazione. Era davvero frustrante vedermi costantemente allo specchio,
anche quando tentavo in tutti i modi di nascondere il mio stato d’animo, Ania ,
con il suo solo mostrarsi, lo sbandierava ai quattro venti come per vanificare
i miei sforzi di proposito.
Decisi
che avrei dovuto incontrare quel ragazzo a tutti i costi e così, dopo aver
chiesto ad Ania di implorare per me la sacerdotessa suprema e averle fatto
utilizzare tutti i trucchi da anima che conosceva, riuscì a vederlo.
Era una
prigione in pietra: totalmente priva di finestre ad esclusione di una feritoia
posta sul tetto che lasciava penetrare i raggi del sole. Il ragazzo era ancora
incatenato e , non appena entrai accompagnata da Ania e dalla sacerdotessa
suprema, alzò lo sguardo e ,senza cambiare espressione, si rannicchio su se
stesso. Probabilmente doveva essere spaventato.
Chissà
cosa gli avevano fatto passare fino a quel momento le sacerdotesse che lo avevano
in custodia.
Mi
avvicinai sotto lo sguardo torbido della sacerdotessa e , non priva di ogni
timore, mi chinai su di lui per guardarlo negli occhi.
-Come ti
chiami?- gli chiesi con tutta la naturalezza di cui ero capace.
- Che te
ne frega?- Rispose lui. La sua voce era inaspettatamente calda.
- Perché
ti hanno portato qui?
- Lo
vorrei tanto sapere anch’io. Chi sei tu? Sei venuta per torturarmi?
- No. Io
sono Aria, sono una sacerdotessa e lei è Ania, la mia anima.
- Ania?
Le anime non hanno nomi e di solito non si mostrano in pubblico.
-Diciamo
che Ania è un’anima un po’ speciale.
- Voi
credete di essere migliori di noi perché potete fare stregonerie e tramutare
l’energia in fuoco o acqua, ma della vita non sapete niente.
Ero davvero
stupita da ciò che sentivo. Quel ragazzo, seppur era vero che non avesse
l’anima, aveva dimostrato più coraggio di quanto non ne avessi mai visto
mostrare a nessuna sacerdotessa in vita mia. Non aveva paura, mi ero sbagliata,
era schivo. E mi aveva colpita, volevo fare qualcosa per lui, volevo
conoscerlo, così , senza pensarci troppo, chiesi alla sacerdotessa di uscire e
lasciarci soli per qualche minuto.
-Sai ,
sono d’accordo con te .- Dissi non appena fummo soli. - Noi sacerdotesse
passiamo la vita rinchiuse in uno stupido tempio a svolgere compiti degradanti
e sostanzialmente a parlare da sole, è una vita vuota. Più vuota di quella che
probabilmente hai vissuto tu in tutti questi anni senza un’anima.
E sai una
cosa, ci penso da un po’, ma trovo che gli Dei siano dei gran bastardi che si
divertono a giocare con le anime , mandandole prima in un corpo e poi
nell’altro quando invece anche loro vorrebbero poter essere semplicemente se
stesse.
Per
quello che vale, non so che fine farai Che
te ne frega , ma ti prometto che troverò quei maledetti idioti che ti hanno
creato incompleto e gli dimostrerò che ne abbiamo abbastanza dei loro capricci.
All’epoca
erano state parole dette così, senza rifletterci più di tanto, ma sarebbero
state le parole che mi avrebbero condotto alla rovina.
-Mi
chiamo Drake . Idiota di una sacerdotessa ficcanaso.
Per la
prima volta lo vidi sorridere; era un sorriso sornione, beffardo: mi stava
sfidando.
Eh eh, l'ho appena postato anch'io D:
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